Il termine “perizia calligrafica” viene spesso utilizzato impropriamente per indicare analisi tecniche della scrittura, creando confusione tra due discipline ben distinte: la calligrafia e la grafologia. Questa confusione, derivante da consuetudini linguistiche e culturali, tende a mescolare due ambiti distinti: l’aspetto estetico della scrittura, che è proprio della calligrafia, e il suo significato psicologico, che è invece il fulcro della grafologia.
La calligrafia è un’arte che celebra la bellezza della scrittura. Si concentra esclusivamente sull’estetica, sull’equilibrio delle forme, sulla fluidità delle linee e sull’armonia complessiva e visiva del testo. Non cerca significati, non interpreta personalità, ma è una disciplina decorativa e creativa dove l’obiettivo è trasmettere eleganza attraverso il tratto. La calligrafia, quindi, non ha nulla a che vedere con l’indagine psicologica o forense della scrittura, ma rappresenta piuttosto un omaggio all’estetica della forma.
La grafologia, invece, si occupa di studiare la scrittura per comprendere chi siamo. Parte dall’assunto che il gesto grafico non sia solo un atto motorio, ma l’espressione diretta di processi neurofisiologici e psicologici. Ogni tratto, ogni inclinazione, ogni spazio tra le parole racconta qualcosa della mente e delle emozioni di chi scrive. La grafologia analizza questi dettagli per rivelare tratti della personalità, stati emotivi, condizioni cognitive e persino livelli di stress. In ambito forense, la grafologia è lo strumento utilizzato per verificare l’autenticità di firme e documenti, attribuire la paternità di uno scritto o analizzare eventuali contraffazioni. È una disciplina rigorosa che, attraverso metodologie scientifiche, va oltre l’apparenza delle lettere esplorando il dinamismo del gesto grafico.
Parlare di “perizia calligrafica” per riferirsi a un’analisi grafologica è quindi un errore, ma non privo di ragioni storiche. In Italia, l’espressione “perizia calligrafica” è stata a lungo utilizzata nei tribunali e nei contesti giuridici per indicare esami legati alla scrittura. All’epoca, la grafologia come disciplina non era ancora sviluppata nella sua forma attuale, e il termine “calligrafia” era spesso usato come sinonimo generico di scrittura. Questo ha contribuito a radicare un uso improprio, che ancora oggi persiste, alimentato dalla scarsa conoscenza delle peculiarità della grafologia.
L’attuale utilizzo del termine “perizia calligrafica” riflette una mancanza di chiarezza terminologica, ma anche un retaggio culturale difficile da sradicare. Tuttavia, questa confusione offre un’opportunità per sottolineare che scrivere non è solo un atto estetico, ma un’espressione unica della nostra identità. La grafologia e la calligrafia, pur occupandosi entrambe di scrittura, rappresentano due mondi diversi: uno celebra la bellezza, l’altro esplora i significati. Entrambe meritano di essere apprezzate nella loro unicità, evitando ambiguità che possano sminuirne il valore.
Dott.ssa Romina Casella